Il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) (o Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD), nella psicologia e nella psichiatria è l’insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento.
Anche se la descrizione delle classiche sintomatologie post-traumatiche è reperibile anche in testi molto antichi (dall’Epopea di Gilgamesh e dall’Iliade in poi), lo studio delle sindromi post-traumatiche strutturate iniziò ad articolarsi compiutamente durante la prima guerra mondiale ad opera degli psichiatri militari dei diversi schieramenti. È infatti denominato anche nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche di particolare drammaticità (con nomi e sottotipi diversi: Combat Stress Reactions, Battle Fatigue, Shell Shocks, etc.).
La diagnosi di PTSD necessita che i sintomi siano sempre conseguenza di un evento critico, ma l’aver vissuto un’esperienza critica di per sé non genera automaticamente un disturbo post-traumatico (la prevalenza lifetime nella popolazione generale è infatti di circa il 6,8%, con una variabilità dovuta al tipo di evento, al significato soggettivo che esso assume, ed al diverso equilibrio dei fattori psicosociali di tipo protettivo o di rischio).
I sintomi del Disturbo Post traumatico da Stress possono essere raggruppati in tre categorie principali:
- il continuo rivivere l’evento traumatico: l’evento viene rivissuto persistentemente dall’individuo attraverso immagini, pensieri, percezioni, incubi notturni;
- l’evitamento persistente degli stimoli associati con l’evento o attenuazione della reattività generale: la persona cerca di evitare di pensare al trauma o di essere esposta a stimoli che possano riportarglielo alla mente. L’ottundimento della reattività generale si manifesta nel diminuito interesse per gli altri, in un senso di distacco e di estraneità;
- sintomi di uno stato di iperattivazione persistente come difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, difficoltà a concentrarsi, l’ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme.
I sintomi del disturbo post traumatico da stress possono insorgere immediatamente dopo il trauma o dopo mesi. Il quadro dei sintomi può essere inoltre acuto, se la durata dei sintomi è minore di tre mesi, cronico se ha una durata maggiore, o ad esordio tardivo, se sono trascorsi almeno 6 mesi tra l’evento e l’esordio dei sintomi.
Questo disturbo rappresenta dunque la possibile risposta di un soggetto ad un evento critico abnorme (terremoti, incendi, nubifragi, incidenti stradali, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di cui si è stati testimoni, attentati, azioni belliche, etc.) ed in molti casi può essere adeguatamente affrontato in sede clinica attraverso trattamenti psicoterapeutici specifici, diretti sia alla vittima sia (in funzione di supporto, quando necessario e possibile) alla sua famiglia. Quando necessario, la psicoterapia psicotraumatologica può eventualmente essere coadiuvata da una specifica terapia farmacologica.
È importante ricordare che la maggior parte delle persone, anche se vive eventi potenzialmente traumatici, subisce solo delle reazioni emotive transitorie (“reazioni normali ad eventi anormali”) che, seppur dolorose, raramente si trasformano in un vero e proprio PTSD strutturato. Si valuta che la prevalenza lifetime del PTSD in una popolazione normale sia del 7,8%.
Il PTSD non colpisce le persone più “deboli” o “fragili”: spesso persone apparentemente “fragili” riescono ad attraversare senza conseguenze eventi traumatici abbastanza importanti, mentre persone “solide” si trovano in difficoltà dopo eventi che hanno un significato personale o simbolico particolarmente difficile da elaborare.
Il PTSD può prodursi a partire da poche settimane dall’evento (anche se sintomatologie similari, definite di ASD/DAS – disturbo acuto da stress, possono prodursi anche dalle prime ore post-evento), e perdurare per molto tempo; in altri casi, il disturbo si manifesta ad una certa distanza di tempo dall’evento, anche dopo diversi mesi (PTSD tipo “Delayed Onset”).
In alcuni casi, la persona colpita cerca “sollievo” (spesso peggiorando la situazione) con abusi di:
- alcool,
- droga,
- farmaci e/o psicofarmaci.
Spesso sono associati sensi di colpa per quello che è successo o come ci si è comportati (o per il non aver potuto evitare il fatto), sensi di colpa che sono spesso esagerati ed incongruenti con il reale svolgimento dei fatti e delle responsabilità oggettive (sono detti anche complessi di colpa del sopravvissuto); spesso, sono compresenti anche forme medio-gravi di depressione e/o ansia generalizzata. In alcuni casi si vengono a produrre delle significative tensioni familiari, che possono mettere in difficoltà i parenti della persona con PTSD.
Grande attenzione al tema delle sequele post-traumatiche ha iniziato ad essere posta, in anni recenti, anche nell’ambito della medicina delle migrazioni e della cooperazione sanitaria internazionale (a causa dell’elevato numero di sindromi traumatiche, in bambini ed adulti, in contesti di guerra, violenza, povertà).
Il trattamento del disturbo post traumatico da stress richiede necessariamente un intervento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale, che faciliti l’elaborazione del trauma fino alla scomparsa dei sintomi d’ansia. Per l’elaborazione del trauma si è rivelato inoltre particolarmente utile l’EMDR, tecnica specifica di alta efficacia dimostrata, al punto che il nostro Istituto offre uno specifico servizio in tal senso, offerto da terapeuti specificatamente formati.