Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo (conosciuto storicamente col nome di dismorfofobia) si caratterizza per la presenza di sintomi fisici non giustificati da alcuna condizione medica generale nonché dagli effetti di una sostanza o da un altro disturbo mentale. Il termine dismorfofobia e le relative patologie soggiacenti, sono state descritte per la prima volta dal medico e psichiatra italiano Enrico Morselli nella sua opera del 1891 “Sulla dismorfofobia e sulla tafofobia“.
La dismorfofobia (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e φόβος, phobos = timore) è la fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un’eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea. L’elemento peculiare della dismorfofobia è infatti la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico, che può essere totalmente immaginario, oppure, se è presente una reale piccola anomalia fisica, la preoccupazione del soggetto è di gran lunga eccessiva al normale.
In alcune persone questa forma fobica può causare uno stress emozionale e un’incapacità di tessere adeguate ed equilibrate relazioni sociali e sessuali, con conseguente isolamento sociale (v. Disturbo evitante di personalità e Disturbo antisociale di personalità) e distonie inerenti alla sessualità. L’individuo può sviluppare comportamenti fobico–ossessivi, talvolta dannosi per la propria salute poiché possono evolvere in anoressia nervosa e bulimia, semplice o nervosa. La dismorfofobia si sviluppa con maggiore frequenza nei soggetti con basso livello di autostima, in genere adolescenti, sia maschi che femmine.
Le preoccupazioni e le lamentele possono focalizzarsi sull’intero aspetto esteriore o solo su una parte delimitata del corpo. In genere, le parti maggiormente interessate sono: seno, capelli, cosce e fianchi per le donne e torace, addome, naso, pene, testicoli e capelli per gli uomini. Ciò che preoccupa può essere la forma, le misure o qualche altro aspetto di queste parti corporee. Nella dismorfofobia, la preoccupazione può riguardare simultaneamente diverse parti del corpo.
Questo disturbo si osserva principalmente negli adolescenti, di entrambi i sessi ed è strettamente legato alle trasformazioni dell’età puberale. Se riguarda soggetti adulti la cosa è più complessa, perché con la fine dell’adolescenza la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle la possibilità di relazionarsi armonicamente con gli altri, senza essere afflitta da complessi di inferiorità legati all’aspetto fisico, né tantomeno da sintomi evidenti quali quelli della dismorfofobia.
La gran parte dei soggetti con questo disturbo sperimentano un grave disagio per la loro supposta deformità, descrivendo spesso le loro preoccupazioni come “intensamente dolorose” o “devastanti”. Molti trovano le loro preoccupazioni difficili da controllare, e fanno pochi o nessun tentativo di resistervi. La conseguenza è che i dismorfofobici spesso passano molte ore al giorno a pensare al loro “difetto” e a come porvi rimedio (talvolta ricorrendo a chirurgia estetica o ad auto-manipolazioni che possono peggiorare la situazione), al punto che questi pensieri possono dominare la loro vita. I sentimenti di vergogna per il proprio “difetto”, possono portare all’evitamento delle situazioni di lavoro, scuola o di contatto sociale. Queste persone affette da dismorfismo corporeo mettono in atto compulsioni allo scopo di esaminare, migliorare o nascondere il presunto difetto. Ad esempio, tendono a controllarsi allo specchio o ad altre superfici riflettenti, mostrano eccessiva cura del proprio aspetto, tendono a pettinarsi o lavarsi ripetutamente, effettuano confronti continui con l’aspetto fisico altrui, ricercano rassicurazioni o tentano del di convincere gli altri circa il proprio difetto.
Lo psicologo psicoterapeuta dovrà porre una particolare attenzione alla comprensione del “valore del sintomo” che, talvolta, può rappresentare un vantaggio secondario o una forma di difesa estrema dalla disorganizzazione psicotica. In tal caso non deve essere oggetto della psicoterapia la sola dismorfofobia ma, piuttosto, si tratta di operare scelte terapeutiche che consentano alla persona di acquisire un migliore equilibrio interiore.
La patologia necessita, a seconda della gravità, di una serie di consulenze psicologiche o di un intervento psicoterapico. La terapia classica consiste in un periodo di alcuni mesi di psicoterapia, ad esempio terapia familiare e/o psicoterapia cognitivo comportamentale, associata alla somministrazione di SSRI, farmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Di norma, i pazienti rispondono alla terapia con una progressiva diminuzione della tensione e dello stress. Nella terapia, in associazione alle sessioni psicoterapeutiche, può essere utilizzata la clomipramina al fine di migliorare il tono dell’umore.