“Piangersi addosso non serve a niente….” oppure “Basta essere tristi….”
Quante volte le persone depresse si sono sentite dire frasi del genere? Questo indica come la loro malattia non meriti abbastanza attenzione e che pertanto essere depressi significhi solamente avere un pochino di malinconia. Il collegamento immediato nasce dal fatto che non avendo sintomi fisici sì dà per scontato che sia una malattia meno grave. Questi ragionamenti vengono ovviamente fatti anche alle neo-mamme che si ritrovano a combattere con la depressione post-partum.
Ricordiamo la differenza con il cosiddetto “Baby Blues” che si riferisce allo stato di malinconia che caratterizza il fenomeno e che si presenta nei giorni successivi al parto in circa il 70% delle neo-mamme con sintomi quali crisi di pianto senza motivi apparenti, irritabilità, inquietudine e ansietà e che generalmente scompaiono nel giro di pochi giorni.
La depressione post-partum (DPP) invece, interessa il 10% delle puerpere nei paesi occidentali indipendentemente dall’età. L’incidenza è sottostimata perché molte madri rifiutano l’aiuto psichiatrico e l’esistenza stessa della patologia, considerando la depressione postnatale come una fastidiosa complicanza routinaria non degna di attenzione.
L’insorgenza può avvenire immediatamente dopo il parto o, più frequentemente, nel corso dei primi mesi successivi alla nascita del bambino. Si caratterizza per l’insorgenza di una sintomatologia di ordine depressivo, caratterizzata da umore depresso, perdita dell’interesse e della capacità di provare piacere, pianto inconsulto, improvvisi cambi di umore, disinteresse per il bambino, calo libidico, insonnia, riduzione dell’appetito, sensi di colpa, calo dell’autostima, pessimismo estremo o idee di rovina, idee di morte o vera e propria ideazione suicidaria. Tra le conseguenze più gravi si riscontrano la separazione e il divorzio, abusi e negligenze nelle cure del bambino, sino ad arrivare al suicidio e infanticidio.
Molto spesso la diagnosi non viene posta, nonostante la grande diffusione e la disponibilità di questionari di screening agili e di rapida somministrazione (come ad esempio la Edimburg Postnatal Depression Scale – EPDS). Pur trattandosi di manifestazioni cliniche di ordine psichiatrico, i professionisti che più frequentemente incontrano le neomamme affette da forme manifeste o mascherate di depressione post-partum sono ginecologi, pediatri e, non di rado, medici di base.
La rilevanza del fenomeno è legata, oltre alla sofferenza connessa ai sintomi depressivi, alle importanti ricadute sulla salute emotiva e sullo sviluppo cognitivo del bambino.
La scienza medica non ha fornito ancora delle spiegazioni definitive riguardo alle cause del fenomeno, anche se alcuni studi imputano l’apparizione della “depressione post-partum” a cambiamenti ormonali nella donna, più in particolare nel calo del livello degli estrogeni e del progesterone, con un’alta statistica di casi tra donne che accusano forti fastidi nella fase premestruale. In realtà ci sono molti altri fattori che concorrono alla comparsa della “depressione post-partum”, perlopiù di origine psicologica legata agli eventi immediatamente successivi al parto, come il cambiamento di ruolo della donna in ambito sociale, il timore per le sue imminenti responsabilità, il proprio aspetto fisico. La sintomatologia della depressione post-partum si può manifestare in forma lieve e scomparire nel giro di pochi giorni, ma se perdura richiede l’intervento di uno specialista, maggiormente se nella sua patologia più grave, denominata “psicosi post-partum”.
Spesso i pensieri delle neo-mamme sono di solitudine: capita infatti che stando sole tutto il giorno con il proprio bambino, mentre sembra che tutti abbiano una vita al di fuori di noi, si cominci a percepire il proprio figlio come un “ostacolo” alla propria libertà. Non si è mai abbastanza preparati ad essere mamme perché non sempre si riesce a conciliare la nuova realtà con la propria identità.
Non si guarisce dalla depressione post-partum con una vacanza, ma chiedendo aiuto ad uno specialista senza vergognarsi di ciò che si sta vivendo e provando.